AUM

Cannabis Uso e Abuso

Cannabis Uso e Abuso


Ci sono tre categorie di persone, la prima è la più diffusa tra la popolazione generale ed è quella che conosce la pianta di Marijuana come un veleno. La seconda, quella meno diffusa, è rappresentata da coloro che considerano la pianta di Cannabis come una delle principali risorse dell’essere umano. La terza ed ultima è l’inevitabile schiera di indecisi o inconsapevoli che, di questa pianta poco sanno ma non prendono nemmeno parte ad un processo di crescita culturale personale per potersi collocare in una delle prime due categorie.

La domanda che genera la tripartizione è la seguente: “consideri la pianta di Cannabis sativa L. una droga d’abuso? Si, no e non so, sono le rispettive risposte.

Mi sono soffermato a lungo sul significato dei termini “droga” e “abuso”. La definizione del primo recita: “ogni prodotto naturale, vegetale o animale, contenente uno o più principî attivi (alcaloidi, olî essenziali, sostanze purgative, aromatiche, ecc.), e che, opportunamente preparato e conservato, trova indicazioni terapeutiche o sperimentali” Secondo tale definizione si possono quindi considerare “droghe” molte più sostanze di quelle che il nostro immaginario comune associa, ormai, a questo termine. Tale associazione è intimamente correlata con il significato del temine “d’abuso” che le connota nelle nostre raffigurazioni mentali. La Treccani di “abuso” riporta: “cattivo uso, uso eccessivo, smodato, illegittimo di una cosa”.

Può quindi esistere un abuso di Cannabis? La conclusione alla quale sono giunto è che SI, esiste indubitabilmente un possibile abuso di Cannabis. Comprendere come questo si manifesti, però, richiede un’intima auto-indagine. Solo attraverso un costante e severo processo di autocritica, infatti, si riescono ad evitare quei comportamenti che, alla lunga, possono diventare nocivi per il l’organismo umano (inteso in un ampio senso di interconnessione tra corpo, psiche ed anima).

Nella mia lunga esperienza di relazione con questa pianta sono venuto a contatto con centinaia di utilizzatori di Cannabis e, osservando il loro comportamento, ho cercato di comprendere dove si collocasse la linea di demarcazione tra uso corretto e scorretto. Quella stessa linea che ad oggi demarca la distinzione tra “uso terapeutico” ed “uso ludico”.

La risposta penso stia in una delle manifestazioni più importanti del proibizionismo, la lenta e progressiva perdita di cultura circa l’oggetto della proibizione. Nella Cannabis, in maniera più specifica, vediamo come, ad oggi, ci siano frotte di persone che hanno una visione distorta dell’utilizzo di questa pianta proprio per la loro scarsa conoscenza e consapevolezza.

Vijaya (Cannabis) è uno strumento molto potente che agisce, inevitabilmente, sulla nostra mente, sul nostro modo di ragionare e sul modo di affrontare le scelte che la vita ci propone. Questo dato è stato chiaramente riconosciuto dalla scienza attraverso l’azione che i cannabinoidi (ed il nostro sistema endocannabinoide) hanno sulla “plasticità sinaptica” ovvero sul come i nostri neuroni si ri-organizzano costantemente al fine di trasmettere al meglio l’informazione.

L’abuso di Cannabis incorre quando l’uso prescinde da questa consapevolezza e quando tendiamo a vederlo come un gioco, una leggerezza, uno svago. Il nostro io psichico rifugge dalla domanda fondamentale “come posso migliorare me stesso?” trovando giustificazioni immaginarie nel “comportamento degli altri”.

Un esempio rappresentativo: immaginiamo un paziente che sia afflitto dalla fobia di volare in aereo. Questa persona potrebbe essere propensa a utilizzare Cannabis al fine di mitigare il suo quadro psicologico d’ansia generalizzata, inevitabilmente correlato alla manifestazione fobica specifica del volo. In questo caso ipotetico, l’utilizzo terapeutico di Cannabis è quello che tende ad una progressiva mitigazione del quadro ansioso fino alla risoluzione ultima della fobia specifica portando il paziente a riuscire, finalmente, a prendere un aereo. Qualora sussista, invece, un abuso, tale quadro ansioso non verrà riconosciuto, verrà deliberatamente ignorato e non vi sarà nessuna progressione nell’evoluzione dell’individuo. (“sai quanti hanno paura di volare?”)

Evolvete, volate, smettetela di essere dei “fattoni” e, soprattutto, smettetela di dare motivazioni valide ai rappresentanti della prima delle categorie descritte all’inizio dell’articolo. La Cannabis non è un veleno ma se la usate per dimenticare le vostre debolezze siete proprio voi i primi a renderla come tale.

Bolenath.

Articolo scritto per BeLeaf Magazine

Cannabis Medica – Le Basi

Punto di partenza è ricordare ai lettori come sia stata l’Italia, nel 1911 a dare, in occidente, un importante iniziale contributo al processo di proibizione della pianta di Cannabis durante l’International Opium Conference in Hague (una cittadina al nord dell’Olanda).
La presa di posizione dell’Italia avvenne in supporto alle posizioni statunitensi e colse di sorpresa tutti gli altri paesi (tranne gli USA). La delegazione Italiana inserì nell’agenda di discussione questo argomento senza che gli altri fossero d’accordo e lasciando la conferenza durante il primo giorno senza troppo curarsi delle risposte sollevate in merito a tale imprevisto inserimento. (per una storia dettagliata del processo di proibizione invitiamo i lettori a rivolersi alla nostra associazione)
Da allora diversi sono stati gli esponenti Italiani che hanno protetto il regime proibizionista imposto dagli Stati Uniti. Quell’onda culturale si perpetua ancora oggi, soprattutto ai vertici degli apparati di controllo (ONU, SIF, AIFA, WHO).

Per il trattamento di quali patologie è stata autorizzata?

Le infiorescenze femminili della pianta di Cannabis sativa L. sono prescrivibili da ogni medico, in scienza e coscienza, per tutte le indicazioni in cui vi sia una letteratura a supporto della sua possibile efficacia. Tale spettro di indicazioni è molto ampio e le evidenze sono più o meno chiare a seconda del quadro patologico preso in considerazione. La decisione è quindi rimandata al livello di competenza e di aggiornamento del professionista stesso.
Nel 2015 il Ministero della Salute, governato allora dall’On. B. Lorenzin, ha emanato un decreto in cui venivano elencate una serie di condizioni patologiche per cui, l’utilizzo della pianta di Cannabis, è stato dimostrato essere incontrovertibilmente utile. Per tali indicazioni è possibile intraprendere un lungo iter burocratico che porta alla prescrizione a carico del SSN. Tali indicazioni, però, non dovrebbero essere considerate rigorosamente le uniche per cui questo farmaco può essere utile.

Da dove proviene la Cannabis Medica?

L’approvvigionamento della Cannabis è iniziato nel 2007 in Olanda grazie alla possibilità offerta dalla legge italiana di importare dall’estero specialità medicinali non prodotte sul territorio nazionale (l’azienda di riferimento allora e a tutt’oggi è la Bedrocan®).  La produzione italiana, iniziata nel 2015, permette la produzione di un quantitativo di farmaco relativamente piccolo a fronte dell’importante investimento sostenuto dallo Stato. Data l’incapacità di sopperire alla crescente domanda nazionale, durante il 2018, il ministero della Salute ha emanato un bando per un’ulteriore importazione. Tale bando è stato vinto da un’azienda Canadese (Aurora)
Attualmente l’Italia ha a disposizione, in totale, circa 800 kg all’anno di infiorescenza secca di Cannabis Sativa.

Chi può prescrivere Cannabis Terapeutica e dove si recepisce?

Ogni medico abilitato alla professione può prescrivere il farmaco su territorio nazionale con ricetta galenica non ripetibile. A differenza di quanto riportato dal Prof. Vannacci, la nostra esperienza ci dice che la maggior parte dei pazienti trova enormi resistenze sia nell’ambiente ospedaliero sia negli specialisti che si trovano a consultare per i loro problemi specifici. Trovare una farmacia galenica che abbia, insieme, la conoscenza e la disponibilità di farmaco utili a garantire al paziente una continuità terapeutica, è un’altra difficoltà che i pazienti riportano come presente ed importante.
I pazienti più coraggiosi e più determinati (e che solitamente assumono dosaggi elevati per condizioni molto debilitanti) perseguono la strada di importazione diretta dall’estero. Ad oggi scoraggiata dagli organi Statali ma ancora percorribile di diritto.

Come si prepara la Cannabis Terapeutica e come si ottiene dal farmacista?

Il farmacista fornisce al paziente un prodotto su stretta indicazione del Medico Curante. Può essere consegnata al paziente l’infiorescenza semplice (suddivisa ad arte dal farmacista nel dosaggio indicato dal medico) oppure un preparato che segue le metodiche di estrazione riconosciute (Romano-Hazekamp ndr). Sono possibili le preparazioni in altre formulazioni tipo capsule, creme, ovuli vaginali o supposte ma la loro produzione è delegata ad uno sparuto numero di farmacie galeniche italiane che si contano sulle dita di una mano eliminando, de facto, tale opportunità per i pazienti.

Come si assume la Cannabis Terapeutica?

I metodi di assunzione sono inalazione o ingestione (la via topica è percorribile solo per quanto riguarda i colliri ma è ad oggi poco perseguita). Nel primo caso ci si avvale dei vaporizzatori mentre per quanto riguarda l’ingestione vi sono diverse vie. La tisana, riportata dal Prof. Vannacci, non è il metodo preferito dai pazienti. I cannabinoidi, infatti, non sono solubili in acqua e anche l’aggiunta di un cucchiaio di olio o latte come viene consigliato non garantisce un’estrazione completa e costante del fitocomplesso. L’estrazione in olio di oliva si è dimostrata essere poco efficace e estremamente variabile nella percentuale di composti estratti come dimostra un lavoro dell’università di Milano. Attualmente, l’olio di cocco MCT è il solvente preferito dai medici che si occupano regolarmente di questa materia.

Quali sono i livelli di Thc e Cbd raccomandati?

Non ci sono livelli raccomandati. Ciò che appare ormai evidente, però, è l’importanza dell’Effetto Entourage (introdotto dai Prof. Russo e Mechoulam, padri della scienza cannabinoide) che sancisce come non siano importanti le singole molecole ma piuttosto tutta l’infiorescenza in sé. Le sostanze attive sul nostro organismo sono infatti più di 450 (Cannabinoidi, Terpeni, Flavonoidi) ed è la loro azione sinergica ad essere terapeutica piuttosto che il singolo THC o CBD.

Quali sono i principali effetti della Cannabis Terapeutica?

Per comprendere gli effetti della Cannabis si deve tenere in considerazione il sistema endocannabinoide umano. Nuovo sistema fisiologico scoperto solo negli scorsi anni 90. L’analgesia, il miorilassamento e l’effetto ansiolitico sono solo una piccola parte di quello che la Cannabis può fare per il nostro organismo. Il sistema endocannabinoide, infatti, si è dimostrato essere estremamente importante nella regolazione del sistema immunitario ed endocrino, ha importanti azioni neuroprotettive e neurorigenerative, regola il nostro sistema dell’appetito ed, in definitiva, contribuisce al mantenimento della nostra omeostasi ovvero il nostro equilibrio di benessere.
Correlazioni tra dosaggi di THC ed indicazioni, al giorno d’oggi, sono puramente speculative.

Ci sono limiti di età nel trattamento con Cannabis Medicinale?

La presenza del sistema endocannabinoide nel contesto genetico dell’organismo fa si che non ci siano limiti d’età. Concordo con il professore che l’utilizzo in pazienti pediatrici e negli adolescenti sia necessaria estrema cautela.

Il passaggio dei principi attivi attraverso la placenta e nel latte materno, sebbene debba essere tenuto in dovuta considerazione, a nostro avviso, non rappresenta, di per sé, la base razionale per evitare l’utilizzo in gravidanza. I cannabinoidi, infatti, si sono rivelati agenti chiave nel processo di preparazione, istituzione e mantenimento della gravidanza ed il loro utilizzo, quindi, può essere valutato in casi specifici dai professionisti.

Quali sono gli effetti collaterali della Cannabis Medicinale?

Gli unici effetti collaterali che meritano di essere presi seriamente in considerazione sono la sindrome da iperemesi da Cannabinoidi e la Sindrome da Ipersensibilità da Cannabinoidi nei quali va sospesa immediatamente l’assunzione.
Altra controindicazione alla prescrizione di tali farmaci è la presenza di Aritmie cardiache (in trattamento o no) in quanto potrebbero essere scompensate dalla terapia cannabinoide. Effetti su ansia, depressione, “psicosi”, sono più imputabili ad una scarsa gestione della terapia da parte del medico che non ha saputo rendere edotto il paziente sul farmaco e che quindi rappresentano manifestazioni di una “paura” o “discomfort” del paziente stesso.

La Cannabis Può dare dipendenza?

L’unico dato presente in letteratura circa la dipendenza indotta da Cannabinoidi riporta un’incidenza del 9% degli utilizzatori. (Pubblicazione su NEJM) Diversi autori hanno messo in discussione tale riscontro sottolineando come non vi sia alcuna dipendenza fisica (come nel caso del craving da oppioidi) ma che essa si stabilisca solo su meccanismi di abitudine o psicologici a tutti gli effetti reversibili.

Il prof. Russo, durante un congresso nel 2015, ha magistralmente riportato come la Cannabis possa essere utilizzata in modo molto efficace per vincere le dipendenze piuttosto che esserne la causa. Ciò la renderebbe indicata nei soggetti che presentano problematiche di abuso di droghe o farmaci. Per quanto riguarda i soggetti affetti da condizioni psichiatriche l’utilizzo deve essere attentamente valutato ma tali condizioni non dovrebbero rappresentare di per sé una controindicazione alla prescrizione.